La qualità conoscitiva profonda propria dell’essenza
Che cos’è la consapevolezza? Se ne parla a proposito di crescita personale, olismo, spiritualità; sia le discipline olistiche, sia quelle psicologiche, sia chi tende al conseguimento del risveglio spirituale, hanno a che fare con la consapevolezza. Ma che cos’è esattamente? Ci avete mai pensato?
Chiarire che cos’è può servirci a delineare meglio il nostro cammino evolutivo, a conoscere più a fondo noi stessi.
.
Consapevolezza è propria dell’essere umano
La consapevolezza è propria dell’essere umano, e lo distingue dalle altre forme di vita di questo pianeta. Se osservate un sasso, un fiore, un animale, noterete che ci sono; se la vostra consapevolezza è abbastanza evoluta, noterete che una sola vita, un solo Essere scorre all’interno di ciascuna di queste creature; tuttavia, esse non sono consapevoli di sé, solo l’essere umano può esserlo.
Ogni essere umano possiede la consapevolezza? Potenzialmente sì. La consapevolezza contraddistingue la natura umana, se con questo termine intendiamo la vera natura, l’essenza, e non la condizione umana, soggetta all’ego, e alle fluttuazioni della mente e delle emozioni.
La consapevolezza è innata nell’uomo a livello potenziale, sia nell’essere più evoluto, sia in quello meno evoluto; nel primo caso, essa è semplicemente più sviluppata, espansa e perciò evidente, nel secondo caso è nascosta o latente: essa attende di essere svelata. Per alcuni, ci vogliono più vite per scoprire la consapevolezza; ecco perché si dice che le anime giovani -quelle che si sono incarnate poche volte come esseri umani- hanno da passare attraverso ripetute esperienze che servano a indirizzarli verso la consapevolezza, per poter scoprirla e incominciare a vivere in connessione con essa.
Considerando le bassezze alle quali può arrivare l’essere umano se si discosta dalla sua vera natura, verrebbe da pensare che la consapevolezza non è in tutti, e che certe persone siano consapevoli e altre no. Ma chi stabilirebbe questa differenza? Si tratta evidentemente di un giudizio, dettato dal fatto che la mente si ferma alle apparenze e può cogliere solo ciò che è manifesto, e solo in parte, dunque ci confina ad una visione limitata.
Chi ha riconosciuto la consapevolezza in sé, può intuire o realizzare che essa è in ognuno di noi, e proprio perché l’essere umano ha il potenziale di esser consapevole, ha anche la libertà di elevarsi o di cadere al disotto di se stesso. E’ la consapevolezza stessa che ci guida a comprendere che tale libertà non va intesa in senso moralistico. Da un certo punto di vista, abbiamo scelta assoluta di elevarci o di cadere, ma sarà il ritmo e il processo stesso della nostra evoluzione che ci predisporrà a manifestare ciò che siamo, ciò che abbiamo già raggiunto dentro di noi proprio grazie alla maturazione della consapevolezza. Le cadute, gli errori, ci dirigono verso la graduale realizzazione della consapevolezza, tanto quanto i successi personali.
……………………………………………………..
Nota di Copyright: vietato copiare in tutto o in parte questo testo, che è protetto da Copyscape.
I trasgressori saranno segnalati alle autorità competenti.
…………………………………………………..
La consapevolezza si comprende con la consapevolezza
Già dagli esempi detti sopra, puoi comprendere che l’intento di chiarire cos’è la consapevolezza, la mette in luce: la consapevolezza si fa strada da sé, basta puntare nella sua direzione.
Non stiamo usando un’altra facoltà per capire la consapevolezza. E’ piuttosto vero il contrario: l’indagine sulla consapevolezza mette in luce la consapevolezza, più qualcos’altro, di cui abbiamo parlato fin qui, e che non è consapevolezza: mente condizionata, giudizi…
Dunque la consapevolezza non è qualcosa che si può conoscere in modo oggettivo; infatti, non è qualcosa di esterno a te, non è un oggetto. La consapevolezza ha a che fare con te, col tuo Essere, con la tua vera Natura, implicita nel tuo essere qui.
.
Definizione di consapevolezza
Emerge da quanto detto, che la consapevolezza sfugge a qualsiasi definizione diretta: non possiamo accingerci a dare una definizione di consapevolezza, allo stesso modo in cui definiamo un oggetto, un elemento materiale misurabile.
Più che dire che cos’è, si possono osservarne gli effetti. Si può riconoscerla, viverla, esserla. Si può attingerne, come ad una materia prima, per forgiare qualcosa di autenticamente nostro. Si potrebbe dire che la consapevolezza è la “materia prima” dell’essere umano, la sostanza di cui egli dispone per forgiare se stesso.
Perciò Maestri di tutti i tempi sono ricorsi a parabole per indicarla e per orientare l’uomo nel percorso.
.
Un percorso
Da quanto è emerso, la consapevolezza è tanto qualcosa che c’è già, quanto qualcosa che deve essere raggiunto. In una certa dose, sei già consapevole, e in una certa dose hai da diventare consapevole. Puoi raggiungere la consapevolezza che ti manca, solo utilizzando al massimo quella che già hai: consapevolezza attrae consapevolezza. La consapevolezza che hai già, ti mostra le tue risorse, i tuoi punti di forza, i mezzi che hai a disposizione nel tuo percorso di consapevolezza. La consapevolezza che deve essere raggiunta, si accenna a te attraverso i bisogni e gli aneliti, perseguendo i quali tu vivi la tua vita e cresci.
Tutta l’esistenza tende a ciò, alla realizzazione della consapevolezza. Alcuni ne sono consapevoli, altri no. Non esserne consapevoli, non ci esime dal percorso, che è lo stesso per tutti, ma ci rallenta. Esserne consapevoli, ci rende il percorso più veloce e, via via che lo percorriamo, ce lo fa amare e ci fa camminare con gioia.
.
L’equivoco dell’identificazione
La consapevolezza viene comunemente associata all’essere al corrente di qualcosa, siano essi oggetti esteriori che interiori; raramente si è consapevoli della consapevolezza in quanto tale. È il più ovvio e immediato aspetto della nostra esistenza e non viene colto, perché la nostra tendenza è di essere catturati da ciò che la consapevolezza contiene. Se c’è un pensiero o uno stato d’animo, esso attrarrà la nostra attenzione, facendo passare in secondo piano ciò che lo rende manifesto.
Molto spesso il contenuto è così strutturato da diventare il contenitore: se per esempio siamo alle prese con il tema della sopravvivenza, esso diviene l’oggetto di riferimento della nostra vita e noi siamo inglobati da questa costante preoccupazione. All’interno di tale bolla non vi è spazio per la consapevolezza; vi è solo una contrazione che ci sospinge a correre per accaparrare quello che ci serve, o ancora meglio, che pensiamo ci servirà. Si è citato questo tema perché è alla base della paura di scomparire, di morire, che a sua volta caratterizza ogni altra forma di paura.
Ci identifichiamo con il contenuto anche perché siamo convinti che gli oggetti rappresentino la nostra identità: idee e sentimenti propri ci sono molto cari e siamo disposti a tutto per difenderne il valore, per mantenerli in vita, perché ci definiscono. Infatti se il nostro modo di pensare cambia radicalmente, abbiamo una crisi d’identità. Se scompare del tutto, non sappiamo più chi siamo. Mentre nell’esserne consapevoli avviene il contrario: riusciamo ad osservarne l’effetto nel corpo, dandoci così la possibilità di occuparci della nostra sopravvivenza da uno spazio rilassato. Altrimenti non possiamo che esserne sopraffatti e agire in conseguenza alla paura.
.
Una questione di piani
Immagina la consapevolezza come un paesaggio naturale con vari habitat e diversi abitanti, ognuno dei quali rappresenta un livello della scala evolutiva.
Il lombrico striscia sul terreno, ciò che riesce a vedere è limitato, la sua visuale è ridotta. Non potrebbe fare diversamente, è la sua condizione di quel momento a determinare dove si trova; non può volare alto nel cielo. I fili d’erba gli appaiono tronchi, i sassolini sembrano montagne. Superarli pare difficile e faticoso. Ciò che vede è commisurato alla realtà di ciò che lui E’. Il suo itinerario evolutivo prevede quelle esperienze e non altre, per il suo avanzamento.
Un bel giorno ti trovi ad aver superato il livello più basso; sei salito un po’, non strisci più ma sei dotato di quattro zampe. La tua visuale è cambiata, magari di poco, ma quel poco è significativo. I fili d’erba sono soffici, li puoi superare agevolmente, ti ci diverti, li vedi dall’alto, non ti sovrastano più. E così anche i sassolini. Puoi spostarti più velocemente. Riesci a vedere uno squarcio di paesaggio, metti in relazione più cose.
Ora prova ad immedesimarti nella condizione dell’aquila: è in grado di vedere tutto il paesaggio dall’alto, non solo una parte alla volta.
Il paesaggio rimane lo stesso, ma la percezione che di esso ha il lombrico è diversa da quella che ha il cane, che è diversa da quella dell’aquila.
Così l’aquila, ormai molto lontana dalla condizione di lombrico da cui siamo partiti nel nostro esempio, volando alta sarà in grado di cogliere tutto il paesaggio nel suo insieme; all’occorrenza, potrà scendere e focalizzarsi su un solo obiettivo, vedendolo chiaramente proprio grazie alla visione d’insieme.
Più matura è la tua consapevolezza, più la tua visione è ampia ed equanime: innalzandoti, prendi la giusta distanza dalle cose, non solo da alcune di esse, ma via via da tutte. Ognuna di esse è parte del paesaggio, ma nessuna prevale sulle altre né ingombra o ostruisce il tuo campo visivo. Non sei assorbito dalle cose. Vedi con apertura, e allo stesso tempo con profondità: puoi sia spaziare che penetrare.
Immagina la consapevolezza come un palazzo a più piani. Se sei al pianterreno, la tua osservazione non potrà essere superiore al livello in cui ti trovi, non potrai spaziare in apertura e in profondità come chi è ai piani più alti. Salire ti parrà faticoso, senti la pesantezza di tutti i piani che hai sopra la testa.
All’inizio è inevitabile che sia così, perché la consapevolezza che hai già raggiunto è minore di quella che ancora è avvolta dall’oscurità.
Ma la vita tende inesorabilmente all’evoluzione. E così un bel giorno ti trovi ad aver salito un piano; anziché 100 piani sopra la tua testa, ne hai 99.
E così via via man mano procede il tuo percorso e sveli, grazie alla consapevolezza, più consapevolezza, e te ne impadronisci, man mano sali, la tua esperienza si completa di nuove comprensioni, la tua visuale cambia. Il palazzo rimane immutato di per sé: forse sei tu che hai introdotto in esso dei miglioramenti, scaturiti dalla maggior consapevolezza. Ma non è dall’ambiente, dal fuori, che sono arrivati i cambiamenti, bensì dal fatto che la prospettiva da cui osservi le cose è cambiata. Evolvendo, ti sei innalzato, e salendo il palazzo di piano in piano ti sei reso conto di cose che prima non vedevi: elementi che un tempo parevano importanti, si sono ridimensionati; elementi prima insignificanti o completamente nascosti, hanno acquistato evidenza.
La consapevolezza ti fa continuamente superare te stesso: è come uno zoom, più sali con l’obiettivo e più la visione si allarga, si amplia e riesce a includere facilmente più cose insieme, mettendole nella giusta relazione le une alle altre.
Un individuo pienamente consapevole può passare dalla visione d’insieme al dettaglio, che viene considerato con cura e precisione proprio perché proviene dalla totalità; e dal dettaglio può tornare alla visione d’insieme, perché vede la realtà per quella che è. Non si perde nel dettaglio perché non viene catturato dalle cose, e non si disperde nella visione d’insieme in quanto è in grado di contenere tutto ciò che è all’interno della propria consapevolezza.
.
Un po’ di chiarezza nei termini
Nel linguaggio comune, si fa spesso un uso improprio del termine “consapevolezza”, intendendolo come sinonimo di mente, o di coscienza.
E’ utile fare chiarezza.
Comunemente si dice “ne sono consapevole” per intendere semplicemente che si sa una cosa; in tale affermazione non è, di solito, coinvolta la consapevolezza in quanto tale. Quel modo di esprimersi sembra essere più che altro un rafforzativo, uno strumento per asserire o per aver ragione in una conversazione.
Se sei consapevole di camminare in consapevolezza, è bene ricordarsi del valore delle parole: la tua attenzione ti dirigerà verso una maggiore consapevolezza.
Può essere la consapevolezza sinonimo di mente? Bisogna vedere cosa si intende per mente. Se con la parola mente intendi la mente condizionata, la mente guazzabuglio di pensieri, la mente piena di conflitti e di tensioni, allora non è possibile intenderla come sinonimo di consapevolezza. E’ proprio la consapevolezza che è in grado di ripulire questo tipo di mente, di trasformarla e di armonizzarla, in quanto la consapevolezza appartiene ad una sfera più ampia ed elevata, capace di influire positivamente sulle dimensioni inferiori.
Se con la parola mente intendi l’aspetto luminoso dell’intelletto, ciò che nel Buddhismo viene detto “chiara luce”, ossia la mente come pura forma, allora è possibile intenderla come sinonimo di consapevolezza. Tale accezione però non fa parte della nostra cultura e del nostro linguaggio. Si potrebbe dire che una tale mente, ripulita completamente dai condizionamenti, sia più adeguatamente definibile come “non mente”, perché non dice più bugie, ma è aderente alla verità della consapevolezza.
Può essere la consapevolezza sinonimo di coscienza? In varie correnti o scuole spirituali si usano i due termini indifferentemente. Ma sentiamo in proposito le parole di Osho, che dissiperanno ogni dubbio.
“La coscienza è data dalla società. La consapevolezza NASCE in te. La coscienza è qualcosa di preso a prestito, di stantìo, di marcio; la coscienza proviene dal passato che non c’è più… e la vita è completamente mutata. La consapevolezza nasce in te ed appartiene sempre al presente, è sempre attuale. Se vuoi sbarazzarti della cosiddetta coscienza, per giungere a una coscienza reale e autentica, dovrai operare uno sforzo notevole. Tutto questo sforzo è diretto a questo: spostare il baricentro della consapevolezza dalla mente alla non mente, dalla coscienza alla consapevolezza stessa.”
La coscienza è la parte conscia della mente; come la superficie di una palla, ne rappresenta lo strato esterno, mentre l’inconscio occupa l’area sommersa. La coscienza e l’incoscienza sono divisi da un velo costituito dall’ego: esso vive sempre nella parte visibile e controlla che la parte invisibile non emerga. Se ciò accade viene annientato, evento che dà luogo all’unione tra conscio e inconscio. Questa unione ricongiunge tutta la nostra energia, che fiorisce in una consapevolezza libera da associazioni. Essa è la qualità capace di includere conscio e inconscio, perché è la nostra natura. La mente è qualcosa che si forma nel tempo, è la strutturazione dello spazio libero e senza confini che caratterizza la consapevolezza. Possiamo riappropriarci di questa qualità vivendo nel presente. Ovunque ci troviamo siamo presenza e non possiamo che esserne circondati, come un pesce che nuota nel mare.
In ambito spirituale c’è confusione terminologica. Vengono spesso chiamati “consapevolezza” una serie di fenomeni o di esperienze di apertura, o stati emotivi o energetici, che se da un lato possono far parte del cammino perché contengono tracce della consapevolezza, non sono però definibili come tale. Questo fraintendimento fa sì che molte persone si fermino e si attacchino a tali fenomeni, non comprendendo quale sia l’origine degli stessi né il significato. E così si cercano interpretazioni, magari si cerca di riprodurre o ripetere quelle esperienze piacevoli, mancando il punto essenziale, quello che potrebbe farcene cogliere la portata evolutiva. Occorre quindi attenzione per affrontare nel modo giusto ciò che si apre davanti a noi e non rimanerne intrappolati: uno stato passeggero non è un livello evolutivo; lo diventa solo se viene integrato dalla consapevolezza.
Ciò implica che vai oltre. Arriva qualcosa, lo vivi, osservi, e lo lasci andare. Solo così diventa tuo, non nella storia ma nell’essenza. La consapevolezza rende possibile tutto ciò, e si accresce ogni volta che diventa tutto ciò.
.
Figura e sfondo: l’inclusione
Qual è il rapporto tra la consapevolezza e la nostra esperienza?
La consapevolezza è simile a uno sfondo, allo sfondo del cielo infinito, che sta dietro le nuvole. I fenomeni sono come le nuvole, sorgono e passano, lo sfondo rimane. Quando osservi, puoi dirigere la tua attenzione sulle nuvole, oppure sullo sfondo. Ma qualora le nuvole riempissero temporaneamente tutto il campo visivo, potresti forse dire che il cielo retrostante è sparito? No. Tu sai che il cielo rimane, che dietro le nuvole c’è sempre. Simile è la natura della consapevolezza: spazio che accoglie i fenomeni, sfondo che resta.
Per quante nuvole passino nel cielo, diresti che la natura o la qualità del cielo in quanto tale ne viene influenzata? No. Esso rimane immutabile, ciò che è passeggero non lo influenza.
Il rapporto tra la consapevolezza e i fenomeni è stato così ben rappresentato dalla Gestalt e dalle raffigurazioni da essa create, per mostrare come dipenda da te focalizzarti sulla figura, o sullo sfondo, o cogliere simultaneamente entrambe.
Lo sfondo include la figura, ma la figura non include lo sfondo. Lo sfondo include la figura ed include se stesso.
Ciò ci mostra una delle qualità più importanti della consapevolezza: l’inclusività.
La consapevolezza include i fenomeni, include la mente, include tutto ciò che è passeggero e che è parte della nostra esperienza.
Questo includere è ciò che ti permette di andare oltre, di crescere proprio grazie a ciò che incontri sul tuo cammino.
L’inclusione è un SI’ incondizionato, che non è passività o rassegnazione, ma è la capacità di stare a contatto con la propria esperienza, senza alterarla o volerla diversa da quella che è.
L’inclusione è ciò che comunemente si chiama accettazione, termine anch’esso molto frainteso, perché filtrato dalla mente. Solo la consapevolezza può accettare, perché è aldilà di tutte le cose, e sa che non contrapponendovisi può fluire con ciò che l’esistenza sta manifestando.
.
La soluzione
Come si vede, la consapevolezza è la fonte delle soluzioni ai problemi della vita.
Finché ci arrovelliamo e ci sembra di essere in un vicolo cieco, ci stiamo dibattendo all’interno della mente: non possiamo trovare la soluzione a un problema, restando all’interno del problema stesso o del tipo di mente che lo ha generato. La mente condizionata è incapace di accettare, di vedere e di valutare con obiettività, poiché si alimenta di identificazioni: se tu diventi il problema, o esso diventa addirittura più grande di te, ti sarà impossibile vederlo dall’esterno e aggirare l’ostacolo. Quanto tempo sprechiamo nel tentativo sterile e infruttuoso di riflettere, di paragonare, di pensare; l’errore di fondo è sempre lo stesso: cerchiamo la soluzione aldifuori di noi stessi. Magari incolpiamo gli altri per le nostre manchevolezze, e aspettiamo che siano gli altri a fornirci la soluzione, che peraltro non siamo in grado di recepire.
Ci dimentichiamo di noi stessi, della nostra risorsa più grande, la consapevolezza.
Essa è sempre più grande di qualsiasi problema, perché è nella sua natura essere oltre i fenomeni. Perciò è in grado di comprendere la natura del problema: lì sta la soluzione. Essere consapevoli è essere ricettivi a se stessi. E’ ricevere la soluzione da dentro.
“La consapevolezza è la chiave che apre tutte le porte” – Osho –
.
Consapevolezza e percezione
La consapevolezza è la base e la guida della percezione.
L’esistenza ci offre molte opportunità per evolvere. Facciamo ogni giorno molte esperienze. Ma quante e quali di esse diventano un tesoro per noi, al punto da essere formative e farci espandere la consapevolezza?
Ogni istante ci sono una molteplicità di stimoli, in noi e intorno a noi: il corpo è in continuo movimento, anche se sto fermo; i pensieri si susseguono e così le emozioni; i sensi esterni sono colpiti da svariate stimolazioni….
E’ impossibile fermare questo caleidoscopio, questa giostra in movimento. Benché ognuno di tali fenomeni sia non casuale, ma riferito a un ordine universale che tutto governa, e quindi tutto sia connesso alla consapevolezza su un piano più grande, io riesco a cogliere una cosa per volta.
La consapevolezza allora è anche la giusta misura o delimitazione del campo della mia esperienza.
E’ ciò che mi permettere di accorgermi di quel che mi sta succedendo nel momento presente, e di percepirlo esattamente così com’è. La mia percezione si dirige in ciò che la consapevolezza evidenzia in quel momento. Più la consapevolezza è allenata, ampia e profonda, più tiene la mia attenzione nel presente, guidandomi a riconoscere ciò che c’è.
La percezione cambia, si affina ed evolve con l’evolvere della consapevolezza.
Se sono scollegato dalla consapevolezza, vivo prigioniero delle illusioni create dalla mente inferiore; non percepisco la realtà, ma un suo surrogato mentale. Ne derivano confusione, frammentazione e sofferenza. Non vi può essere percezione reale senza consapevolezza.
La consapevolezza è la fonte e la base di ogni autentica conoscenza.
Mi accorgo, dico sì a ciò che c’è nel momento, percepisco, assimilo e lascio andare. In tutto questo mi unisco al fenomeno, lo vivo fino in fondo. La qualità di osservazione della consapevolezza è di essere vigile e al tempo stesso totale nel coinvolgimento. Al termine dell’esperienza, il mio campo percettivo ritorna vuoto ma nello stesso tempo arricchito: la mia consapevolezza ha fatto un passo in avanti, è un po’ più espansa, un po’ più consapevole.
.
Spazio, tempo, vita, morte
Quando la consapevolezza riflette solo se stessa, la persona che pensiamo di essere scompare. Perciò, quando la vita del corpo fisico termina, chi muore? Non la consapevolezza; essa non è mortale perché non fa parte della dimensione corporea, emotiva e mentale: è spirituale, ontologicamente consapevole perché è la sua qualità, la sua natura, così come l’acqua è bagnata e il fuoco brucia.
Nessun altro aspetto dell’essere è intrinsecamente consapevole, né l’amore, né la gioia o la forza, né il coraggio o la compassione, ecc… Ognuna di esse è un aspetto che fiorisce nella consapevolezza, senza la quale rimarrebbero al livello delle emozioni.
Da questa prospettiva occorre rivedere i concetti di spazio e di tempo; non ci si muoverà tra due punti, tra A e B, non ci sarà lo spazio temporale, ma solo spazio. Si potrebbe obiettare che per andare da una città ad un’altra ci vuole tempo per via dello spazio che le divide. Ciò è vero in apparenza: dal punto di vista del corpo e della materia così come la percepiamo con i sensi, è vero.
Ma dalla prospettiva della consapevolezza non vi è nessuno spostamento, perché essa non si muove: è la stessa sia nel punto di partenza che in quello di arrivo, come in ogni punto del percorso. Il suo movimento, se così si può dire, è verticale: può essere più o meno profonda.
È attraverso di essa che percepiamo con i sensi ciò che la mente intende come movimento nello spazio-tempo e possiamo includere e riconoscere ciò che è temporale così come ciò che è atemporale. Mentre dalla prospettiva mentale non possiamo scegliere, esiste solo il tempo. E se c’è il tempo c’è la morte.
Trasferire al nostro essere il concetto di tempo che usiamo per gestire la nostra quotidianità, porta a fraintendere la realtà delle cose. È utile guardare che ora è per arrivare al lavoro, o a un appuntamento in tempo. Esiste anche l’orologio biologico; è sano mantenere un ritmo di vita il più possibile regolare. Ma ciò non deve definire o condizionare chi siamo al punto da farci perdere contatto con la nostra realtà più profonda: la consapevolezza.
Il divino nell’umano
Che cos’è allora la consapevolezza? Ne abbiamo delineato alcune qualità, ma il viaggio nella consapevolezza è infinito. Più ci si addentra, più la consapevolezza stessa si rivela infinita: ti rendi conto della piccolezza della mente e delle sue prospettive limitate e limitanti, e gioisci di quanta libertà di movimento, di esplorazione ed espressione ti da la consapevolezza. La mente all’inizio potrà protestare, sentendosi a disagio con qualcosa che sfugge ad ogni definizione, ed è più grande di lei. Ma più eserciti la consapevolezza, più ti rendi conto che essa è l’unica via possibile, l’unica via sensata da percorrere, se vuoi davvero essere felice.
Dove ti conduce il viaggio infinito? Non c’è una fine. La potenzialità della consapevolezza è di contenere l’intero universo.
Al principio, essa nasce come consapevolezza individuale, nasce da te. Da questo punto di vista, ogni consapevolezza è unica, perché ogni persona la vive a suo modo e la scopre e la espande col suo percorso.
All’inizio dunque la consapevolezza rivela alla persona aspetti individuali del suo essere, che la aiuteranno nel suo percorso di vita.
Poi, man mano che si rafforza e che si espande, la consapevolezza tocca e include aspetti che vanno oltre il personale, e che la connettono alla dimensione più ampia della coscienza collettiva.
La consapevolezza allora si rivela sempre più come qualcosa che non è di questo mondo: è la nostra vera natura di esseri divini, che fanno un’esperienza terrena e che sono in grado di viverla e integrarla proprio grazie alla consapevolezza stessa.
L’universo, sia esteriore che interiore, esiste in consapevolezza. Tutto ciò che non è consapevolezza, è potenziale. Esistenza e non esistenza si alternano continuamente, in una danza senza fine. Al di là di entrambi vi è ciò che non può essere conosciuto, misterioso e senza nome, che ha la facoltà di osservare il processo.
………………………………………………………………………………………………………
©
di dott.ssa Renata Rosa Dwija Ughini e Asimo Caliò Roberto
Copyright – tutti i diritti riservati –
Vietato copincollare questo testo o estrarne brani senza l’esplicito permesso scritto dell’autrice.
……………………………………………………………………………………………………..
PERCORSI DI CONSAPEVOLEZZA
con Renata e Asimo
VAI alla sezione “CORSI E DATE“
CONTATTACI
……………………………………………………………………………………………………
Per approfondire
“Conosci Te Stesso – appunti per il viaggio di ritorno”
di Asimo Caliò Roberto
libro o ebook
VAI alla sezione “LIBRI” o clicca sull’icona
…………………………………………………………….