Abbiamo parlato in un precedente post della dipendenza affettiva o dipendenza emotiva. Qui ci soffermiamo su un aspetto particolare del fenomeno: la codipendenza. Ogni relazione di dipendenza affettiva è improntata alla codipendenza, cioè a dipendere non è solo la persona apparentemente più fragile, ma anche il partner. Il gioco si fa sempre in due.
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1. Aldilà delle apparenze
Potrebbe sembrare che in una relazione di dipendenza affettiva, solo uno dei due sia dipendente. Ad un primo sguardo superficiale, pare che chi dei due è in posizione subordinata, o è più fragile emotivamente, o più coinvolto sentimentalmente, sia dipendente dall’altro, che appare invece sicuro di sé, spigliato, padrone della situazione…. in una parola: indipendente.
Ma è davvero così? Se ci soffermiamo a considerare la relazione più da vicino, ci sorprenderà notare quanto anche la persona apparentemente più “forte” sia in realtà a sua volta dipendente, a modo suo.
Che interesse avrebbe infatti a intrattenere un rapporto con un partner dipendente? Se davvero fosse indipendente, attrarrebbe un partner indipendente. Sappiamo che per legge d’attrazione si avvicinano persone simili o complementari, o quantomeno che vibrano alla stessa frequenza. Non è raro infatti esprimersi in questi termini: “Siamo sulla stessa lunghezza d’onda”: anche chi è estraneo alle tematiche di crescita personale e non è su un cammino di consapevolezza, capisce che l’attrazione fra due persone scatta quando si hanno energie simili. Senti che l’altro è nelle tue corde, senti che c’è qualcosa da scoprire e da condividere.
Abbiamo già parlato di come l’altro sia uno specchio, che l’esistenza ti manda perché tu comprenda qualcosa di te che normalmente non vedi, così che tu cresca nell’integrità.
Allora è facile intuire che nella persona in apparenza più sicura e tranquilla è nascosto un piccolo “IO” dipendente, che non vede, e che ha l’opportunità di emergere ed essere confrontato grazie al rapporto con un partner che apertamente manifesta la personalità dipendente.
Possiamo chiamare la prima tipologia di persona “anti-dipendente”, la seconda “dipendente”, o anche la prima “invaso” la seconda “abbandonato”, la prima “carnefice” la seconda “vittima”, semplificando molto, anche se si tratta di riferimenti concettuali leggermente diversi.
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2. Alcuni esempi
Vediamo insieme alcuni esempi.
-Relazione di amicizia: A dipendente, B anti-dipendente
A parla molto, e ha bisogno di qualcuno che la ascolti e che la approvi, che dica sempre di sì, che le faccia i complimenti, e su cui poter contare; ha un sacco di amicizie, conoscenze e non si perde un evento sociale.
B parla poco, soffre di isolamento, ha bisogno di qualcuno con cui uscire, se no sarebbe sempre sola; è una persona affidabile e riservata, che si sa organizzare molto bene.
Così quando si incontrano, A parla, B ascolta. A introduce B a cene, feste, presenta amici. B dà attenzione, è in ammirazione, e ricorda la puntualità alla smemorata A.
-Relazione di coppia: lui anti-dipendente, lei dipendente
lei segretamente desiderosa di attenzioni, lo ricopre di favori; a lui piace essere adulato in quanto per ottenere l’affetto che comunque desidera ha bisogno di una partner disponibile, che fa a lui ciò che lei vorrebbe per sé, ossia lo coccola, lo guarda, lo stuzzica, lo motiva; diversamente, lui non saprebbe come fare a proporsi, starebbe chiuso nel suo mondo, con tutta la frustrazione che ne deriverebbe. Lei si prende la fetta “affettiva” del menage familiare, per esempio accudisce lui e i figli, parla, invita a casa amici, organizza cene…. Ma si sente troppo debole per far qualcosa della sua vita, per pensare a se stessa, per studiare, o avere una propria indipendenza economica, dato che manca di costanza e ha poca autostima, ricavando quel poco valore di sé dal fatto di badare agli altri. Lui si prende la fetta mentale, va a lavorare, guadagna i soldi, ecc…., ma è un ignorante sentimentale, considera certe cose sdolcinate o da donnicciole. Sente poco, non sa da che parte iniziare in una conversazione che non sia di lavoro, vive arroccato nella sua razionalità, perciò non sa contattare i propri bisogni; è lei che se ne prende cura.
Com’è facile intuire, entrambe dipendono uno dall’altra. Non è solo lei che dipende da lui, ma anche lui che dipende da lei.
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3. Riconoscere la co-dipendenza
Come faccio a sapere se sono in una relazione di co-dipendenza?
Alcuni elementi ricorrenti:
- -la noia
- -l’abitudine
- -dare l’altro per scontato / dare la relazione per scontata
- -se è una relazione di coppia, sessualità poco soddisfacente
- -la tendenza a evadere dalla relazione: attraverso il tradimento, o anche semplicemente la fantasticheria, o prendendosi altri impegni lavorativi o sociali…
- -la difficoltà a operare cambiamenti
- -creare problemi per rafforzare il legame, perché attraverso il problema si “testa” quanto ci si può appoggiare sull’altro. Esempio: una malattia propria o di un familiare, un licenziamento….
Il livello di energia è basso, perché ambedue si appoggiano uno sull’altro, ne risulta un adagiarsi nella relazione che non porta movimento. La relazione non è dinamica, non è viva. Ciò che prevale infatti è il contratto, esplicito o più spesso implicito: sai che stai con quella persona per ottenere certe cose che altrimenti sei convinto di non riuscire ad avere.
Ma è sempre una tua convinzione, dettata da una scarsa conoscenza di te. Immaginate gli esempi sopra citati: è evidente che ciascuno ha una visione limitata di se stesso, non sa o non vuole esplorare certi aspetti di sé, certi talenti o dimensioni, ne ha paura. Pensate al caso della donna che non ha mai lavorato fuori casa e che è dipendente dal marito, e si auto-convince di non farcela a emanciparsi e trovare lavoro, o al caso di un uomo che è infatuato di una donna e crede che se lei lo lascia non potrà trovare nessun’altra come lei, o nessuna che lo vuole.
Come sappiamo, non ci sono vincoli oggettivi nell’essere umano: la nostra paura più grande è di essere potenti oltremisura. Il mondo è pieno di esempi di eccellenza in ogni campo, realizzati da persone che sono partite svantaggiate ma che hanno creduto in se stesse e hanno avuto il coraggio di spingersi oltre i limiti auto-imposti.
La relazione di co-dipendenza ha una caratteristica fondamentale: non promuove l’altro, non lo sostiene, non lo lascia libero di esplorare se stesso, di camminare con le proprie gambe. Infatti, se l’altro facesse tutto ciò, cambierebbe: temi che allora a quel punto il tuo ego non avrebbe più quei benefits di cui si è nutrito grazie alla co-dipendenza. Per esempio, nel caso citato: lui non si sentirebbe importante senza le attenzioni di lei, non si sentirebbe indispensabile, non avrebbe la sensazione di averla a sua disposizione e di comandarla; lei perderebbe l’illusione di avere protezione e di essere al sicuro, sarebbe costretta a uscire dal guscio, a confrontarsi col mondo, a esporre la sua fragilità e a rafforzarsi, a fare i conti con l’autostima, ecc…..
“Una persona isolata non riesce a stabilire una relazione vera poiché il suo bisogno è tale che si aggrappa e si appoggia all’altro. Tenta di possedere l’altro perché è continuamente assillata dalla paura. -Se mi lasciasse, cosa farei? Mi troverei di nuovo isolato!- Ecco perché nel mondo esiste così tanta possessività. Un motivo c’è, ed è un motivo semplice: la paura. Se l’altro ti abbandonasse, rimarresti di nuovo solo, completamente isolato. E questo non ti piace, ti senti infelice anche solo al pensiero di rimanere solo. Allora possiedi l’altro in modo totale, affinché l’altro non abbia la possibilità di fuggire da te. Anche l’altro fa la stessa cosa con te: tenta di possederti. La conseguenza è che l’amore diventa una cosa miserevole. L’amore diventa politica, diventa dominio e sfruttamento. Tutto ciò accade perché le persone isolate non riescono ad amare. Le persone isolate non hanno niente da dare. Le persone isolate si sfruttano a vicenda. Naturalmente quando non hai niente da dare e l’altro ti sfrutta, ti senti offeso. Vorresti sfruttare l’altro, ma non vuoi essere sfruttato. Questo è il punto in cui entra in campo la politica: tu vuoi dare il minimo possibile ed ottenere il massimo possibile e il tuo partner sta facendo la stessa cosa. In questo modo ciascuno di voi crea infelicità all’altro.” – Osho – da “Il cuore celeste”
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4. Origini della co-dipendenza
La co-dipendenza è un modo per rimanere piccoli, per restare nell’illusione di essere ancora bambini e di avere qualcuno a cui appoggiarsi, è un modo per non crescere, per non prendersi la responsabilità di vivere da adulti in una relazione adulta.
I due co-dipendenti infatti si relazionano da bambini: i loro bambini interiori non solo non sono stati integrati nell’essere, non sono stati nemmeno visti!
I due co-dipendenti si sono scelti in base a una risonanza o similitudine col genitore: più frequentemente di sesso opposto, ma può essere anche quello dello stesso sesso. Si sceglie un partner che assomiglia, o che è all’opposto. Esempio: una donna che ha avuto un padre autoritario e duro, cercherà un uomo simile al padre, oppure un uomo estremamente dolce ma debole, remissivo, con la convinzione di poter così liberarsi dell’influenza nefasta della figura paterna, non sapendo però che la vera liberazione può accadere solo dentro di lei, e solo in seguito ad essa la sua scelta potrà essere matura e farla felice.
Se consideriamo i soggetti psichici individuati dall’analisi transazionale, bambino interiore, genitore interiore, adulto interiore, vedremo che i codipendenti si relazionano dallo spazio del bambino interiore e del genitore interiore, raramente da adulto ad adulto. Il dipendente è, per carattere, più identificato con la sua parte bambina, è perciò in richiesta, è facilmente emotivo. L’anti-dipendente è più facilmente identificato col genitore interiore o Super-ego: è portato a controllare l’altro, a comandare, a prendere le decisioni per entrambe.
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5. Il triangolo di Karpmann
Il dipendente più facilmente riveste il ruolo della vittima, l’anti-dipendente quello del carnefice.
Con quali modalità il dipendente gioca prevalentemente il ruolo di vittima?
- -Si sente trascurato, dato che ricoprendo il partner di quelle attenzioni che vorrebbe per sé, dimentica i propri bisogni e trascura se stesso
- -Si sente trattato ingiustamente, dato che prima o poi presenta il conto di tutto ciò che ha fatto per l’altro, rinfacciandoglielo
- -Perciò si lamenta con l’altro, sperando di attivare il sentire dell’anti-dipendente facendo leva sui sensi di colpa
- -Fa il bambino, cerca di attirare l’attenzione dell’altro con nuove richieste, oppure facendo finta di ribellarsi
- -Usa le proprie emozioni per manipolare l’altro, per esempio si piange addosso
Con quali modalità l’anti-dipendente gioca prevalentemente il ruolo del carnefice?
- -Snobba l’altro per la sua debolezza, lo giudica
- -Assume atteggiamenti di superiorità
- -Si trincera nel suo isolamento facendo l’indifferente
- -Evade dalla relazione coltivando i propri interessi personali o prendendosi impegni extra
- -Fa il genitore: dà delle direttive autoritarie all’altro per reprimerne l’esuberanza emotiva, l’eccessiva loquacità
- -Incolpa l’altro di avere troppe pretese
Ambedue portano avanti un gioco di potere, conoscendo i punti deboli dell’altro e schiacciando i bottoni giusti per mettere l’altro in ginocchio: è il ricatto emotivo, con cui si vuol ottenere dall’altro una certa reazione condizionata che confermi l’illusione di essere amati. E’ una strategia distruttiva per sedare paura e insicurezza e trovare sostegno nel rinsaldarsi del legame.
Alcuni elementi del ricatto emotivo:
-Il dipendente fa leva sulla paura d’invasione
esempi: mancanza di rispetto dei confini del partner, come trattare male i suoi oggetti personali, fare dispetti, scenate, spiarlo, pedinarlo…
-l’anti-dipendente fa leva sulla paura d’abbandono
esempi: intrattenersi con altre persone escludendo il partner, trascinarlo in situazioni potenzialmente pericolose o ritenute tali, appartarsi da solo, minacciare di concludere la relazione..
Si tratta di un braccio di ferro che depotenzia entrambe, che toglie energia, portando confusione e risentimento.
Ambedue fanno affidamento sulla propria menzogna personale. Ma si tratta di un falso potere, che viene smentito dai fatti.
- -il dipendente pensa “Tanto non può stare senza di me: io sono indispensabile, gli faccio comodo!” (si vede qui a cosa siano finalizzate le sue premure verso l’altro!)
- -l’antidipendente pensa “Tanto posso stare benissimo da solo, anzi sto anche meglio da solo!” (l’illusione di essere indipendente: in realtà il bastare a se stesso è una forma di insensibilità)
Nella triangolazione illustrata da Karpmann, c’è un terzo elemento: il salvatore. Nella relazione di co-dipendenza fra una vittima e un carnefice, il salvatore è la relazione stessa: essa mantiene i due nei loro ruoli, rende possibile il protrarsi del gioco.
“Le coppie, sebbene litighino in continuazione, non riescono a lasciarsi. Di fatto, è questo il motivo dei loro litigi continui: così nessuno dei due lascia l’altro. Nessuno dei due può rilassarsi perché, se lo facesse, sarebbe perduto: l’altro lo sfrutterebbe ancora di più. Quando avrai visto questa realtà, comprenderai tutta l’infelicità del matrimonio. Le sue fondamenta affondano in questa realtà. Ti meravigli e ti chiedi come mai le persone non si lasciano, visto che non sono felici insieme? Non possono lasciarsi! Non riescono a vivere insieme e non riescono neppure a separarsi. Di fatto, è l’idea stessa della separazione che crea il conflitto tra loro. Si aggrappano l’uno all’altra, affinché l’altro non possa scappare, anche quando vorrebbe farlo. Si sovraccaricano a vicenda di tali responsabilità, di tali moralismi, che anche se l’altro riuscisse a scappare, si sentirebbe in colpa. La sua coscienza rimarrebbe ferita, sentirebbe il rimorso di aver fatto qualcosa di sbagliato. E stando insieme, tutto ciò che fanno è litigare, è discutere continuamente sul prezzo. Il vostro matrimonio, il vostro cosiddetto amore, è la piazza del mercato. Non è amore. Dall’isolamento non scaturisce alcuna possibilità di amare.” – Osho – da “Il cuore celeste”
Le maschere di vittima e carnefice sono intercambiabili: può capitare che ad un certo punto la vittima diventi carnefice, e viceversa. E’ il caso di una persona dipendente che per ripicca, per vendicarsi, tradisce il partner, il quale si sente così improvvisamente una vittima, riprende momentaneamente contatto con le proprie emozioni sentendosi abbandonato. Intanto il gioco continua…. Non è scambiando i ruoli che si può uscirne.
Se la vittima evolve, si libera, e d’un tratto cerca di salvare l’altro, la vittima diventa la relazione stessa. E’ il caso in cui uno dei due intraprende un cammino di crescita, accetta di cambiare e di mettersi in discussione, e propone all’altro qualcosa di sano, di veramente utile: con ogni probabilità il carnefice rifiuterà e si lasceranno.
Altrettanto succede se è il carnefice a cambiare rotta e a togliersi la maschera. Il tentativo di salvare l’altro che è rimasto indietro, può mandare in tilt la relazione.
Se invece i due saltano fuori dal triangolo di co-dipendenza insieme, sarà più facile che trasformino la relazione e accettino di camminare verso l’amore incondizionato.
Se ambedue si aprono a crescere in consapevolezza, possono trasformare la loro relazione e passare dalla co-dipendenza all’interdipendenza: io imparo da te e tu impari da me, prendiamo atto che certe cose le sai fare maglio tu ed altre le so fare meglio io, che ci completiamo a vicenda. Ci vuole riconoscimento reciproco, che può derivare solo dalla consapevolezza e dall’amore incondizionato, per attuare questo passaggio e fare della relazione una palestra di sviluppo personale. Imparare dall’altro vuol dire accettare di cercare dentro di sé la parte che tanto ci affascina in lui/lei, così da non appoggiarsi sull’altro per poter vivere le parti di sé non vissute, ma lasciare che emergano grazie alla potenza guaritrice dell’amore.
Come uscire dalla dipendenza affettiva? Lo vediamo in un prossimo post.
di Renata Rosa Ughini ©
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Che cosa vuol dire INTER-DIPENDENZA?
Le parole del Maestro:
“L’uomo non è un’isola. Niente è un’isola. Tutti gli esseri sono interconnessi e interdipendenti tra loro. L’indipendenza – la parola stessa è falsa – in effetti è dipendenza. L’interdipendenza è la realtà. Ogni cosa è connessa così profondamente con il Tutto, al punto che niente può essere separato. Se riesci a comprendere una rosellina nella sua totalità, avrai compreso il cosmo intero, perché il cosmo intero è implicato in quella rosellina. Il più piccolo filo d’erba contiene il cosmo… Ogni cosa si muove continuamente in ogni altra. E’ impossibile tirare linee che segnino la fine di una cosa e l’inizio di un’altra: non esistono linee di demarcazione, non possono esistere. Perciò tutte le distinzioni hanno solo una funzione pratica, non hanno alcun valore esistenziale. […]
L’idea stessa che tutto è interconnesso col tutto rende possibile la trasformazione. Se ogni parte non fosse interconnessa col Tutto, non ci sarebbe alcuna possibilità di trasformazione. La trasformazione è concepibile solo perché voi siete me e io sono voi: siamo interpenetrati gli uni negli altri. Potresti immaginarti, anche solo per un istante, separato dagli altri? Non riesci neppure a immaginarti separato dagli altri. Il fiore non può essere separato dall’albero: nell’istante in cui si separa, muore. L’albero non può essere separato dalla Terra. La Terra non può essere separata dal Sole. Il Sole non può essere separato dalle altre stelle, e così via… Se separi la foglia dall’albero, la foglia muore. Se separi il fiore, il fiore muore. Se separi l’albero dalla Terra, l’albero muore. Se separassi la Terra dal Sole, la Terra morirebbe.
La morte significa separazione, la VITA significa INTERCONNESSIONE. Di conseguenza, l’ego è destinato a morire perché incarna la tua idea di separazione. pensare a te stesso in termini di ego è la sola causa di morte, perché l’ego è già morto.[..] Se ti innamori di qualcuno, senti ardere in te la fiamma della vita. E non è accaduto che questo: due persone si sentono in unità. Impara la lezione dell’amore. E’ sufficiente che due persone si sentano in unità: che gioia, che estasi! Esistono persone che vivono in modo tanto egoico da essere incapaci di amare: sono le persone più infelici al mondo. La mia definizione dell’inferno è: vivere separato da tutti. Vivere interconnesso con tutti è il paradiso.” – Osho – da “Il cuore celeste”
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Per approfondire: il tradimento, una forma di co-dipendenza
clicca qui “Tradimento“
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