Perché una delle più potenti tecniche della tradizione spirituale è di chiedersi “Chi sono io?” ?
E’ possibile, per l’essere umano, vedere CHI E’ ?
In questo brano A. H. Almaas, uno dei maggiori maestri spirituali del nostro tempo, illustra quanto l’immagine che abbiamo di noi stessi, alla quale siamo attaccati, costituisca uno dei maggiori ostacoli a realizzare il Sè.
Il brano è tratto da un discorso di Almaas pubblicato in “The Diamond approach” by John Davis, ed. Shambala, è inedito in italiano ed è stato tradotto da Asimo.
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1. L’auto-immagine superficiale
L’immagine che abbiamo di noi rappresenta uno dei nostri maggiori attaccamenti, sia per come vediamo noi stessi che per come ci vedono gli altri.
L’auto immagine è chi pensiamo di essere, come vogliamo essere, quello che vogliamo avere nella vita – sia essa una casa fatta in un certo modo, un certo tipo di compagno o amante che incontra i nostri criteri. “Sono una persona buona e mi merito questo,” oppure “ sono una persona cattiva.” L’immagine di noi a cui siamo attaccati è spesso negativa. Tutti hanno una qualche immagine di sé negativa. Se sei attaccato all’essere buono, cercherai sempre delle prove che ciò sia vero. Potresti essere attaccato all’immagine di essere buono, forte, potente, ricco, bello, popolare, sposato, single, ecc… Questo è il livello più superficiale, è il modo in cui la maggioranza delle persone vive. Il più comune livello di consapevolezza è focalizzato su questa auto immagine superficiale.
Normalmente ci identifichiamo con la nostra immagine, che è chi pensiamo di essere. La questione dell’identità con chi pensiamo di essere è alla radice dell’attaccamento. Quello che in ultima analisi vogliamo è lottare per sostenere questa credenza: attualizzare, proteggere, e difendere chi veramente siamo. Vogliamo rendere permanente chi siamo veramente e, a seconda dell’idea che abbiamo su chi pensiamo di essere, questo è ciò a cui ci attacchiamo.
All’inizio, l’identità si manifesta come auto immagine, e la maggioranza dell’umanità sembra essere occupata con questo livello. La tua identità è prevalentemente investita nell’immagine, che è il modo in cui le cose appaiono, e questo è ciò a cui ci si attacca. L’auto immagine viene nutrita da una miriade di attaccamenti, dalla tua automobile ai tuoi amici, ai tuoi interessi, da ciò che ti piace e da ciò che non ti piace, così come dalle tue idee e sentimenti, le tue filosofie, tutta la parte conscia della tua consapevolezza di ogni dato momento.
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2. La dissoluzione dell’auto immagine
Il lavoro che facciamo qui d’altro canto, è la dissoluzione dell’auto immagine. Quello che vogliamo intendere con “dissoluzione” è vedere semplicemente che non esiste. La dissoluzione di una certa identità è alla fine riconoscere che essa non è chi pensiamo di essere, che la vita che ti sei creato intorno non ti riflette, non ti corrisponde. Ma tu pensi di non poter vivere senza di essa, che senza queste idee, queste cose, questi attaccamenti non saresti tu. “Come farei a sapere chi sono?” ti chiedi. “Come farebbero gli altri a identificarmi?”
Perciò il primo livello di attaccamento è legato al primo livello di identità. Equivale alla tua carta d’identità. Vedere ”Ah, questo è chi credo di essere” e indagando “Ma sono veramente io?” renderà l’identità più trasparente. La sincerità e la comprensione dissolvono l’auto immagine, proprio come ogni menzogna si dissolve quando emerge la verità.
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3. Lo spazio
Quando qualsiasi auto immagine cambia, si ha un senso di libertà, l’emersione di ciò che chiamiamo spazio.
Quando c’è spazio non ci sono immagini o contorni. Un’immagine richiede dei contorni: è la foto di chi sei. Perciò lo spazio cancella la tua immagine; cancella la foto dalla tua carta d’identità, per così dire. Vieni a conoscere te stesso senza l’ausilio della tua carta d’identità. Quando non hai un’immagine di te stesso, c’è spazio, il primo livello del vuoto.
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4. L’immagine fisica
Il livello successivo di attaccamento, che sta nel cuore dell’auto immagine è l’immagine fisica. Ad un livello più profondo, l’immagine che hai di te è basata sulla realtà fisica: è l’immagine corporea. Quando dico “immagine corporea”, vi è inclusa la sua forma, come la senti, tutto ciò che riguarda il tuo corpo, i suoi organi interni e le sue funzioni.
Quando lasci andare l’identità esterna legata ai documenti, scoprirai che la tua identità è basata sull’immagine corporea, su come senti e percepisci te stesso, su come ti dai attenzione; hai la sensazione di conoscerti più intimamente. Se pensi di essere bello, ti piacerai, se pensi di non esserlo, non ti piacerai. Sei grasso o magro, forse hai un bel naso ma una brutta bocca, o viceversa. Queste sono le ovvie preoccupazioni dell’immagine fisica; sono parte dell’auto immagine, un nocciolo intorno a cui viene costruita il resto dell’immagine di sé. Rappresentano l’attaccamento alle cose fisiche dalla prospettiva di come appaiono. È presente l’immagine degli oggetti fisici, non solo l’immagine intesa come forma, ma anche in termini di sensazione, funzione e la loro relazione con il tuo corpo.
Se cominci ad avere a che fare con ciò che è fisico e con l’immagine corporea, ti renderai conto che l’immagine che hai assunto non è accurata, fedele. Il più delle persone non vede il proprio corpo, anche in termini di forma, per come è veramente. Intorno a questa distorsione dell’immagine fisica vengono costruite ogni sorta di compensazioni psicologiche: “…voglio essere bella, vestirmi in tal modo, tagliarmi i capelli così, avere certi amici, essere circondata da un ambiente particolare, indossare vestiti firmati…”, insomma tutto il pacchetto.
Dobbiamo comprendere l’immagine fisica per poter vedere come realmente è, perché la nostra identità vi è coinvolta. Comprendere l’immagine fisica inconscia, confrontandola con quella reale, corregge l’incomprensione. Eliminerà anche gli attaccamenti, perché questi sorgono per via dell’incomprensione.
E ciò porterà al livello successivo del vuoto, quello che chiamiamo spazio denso, perché il corpo è denso se paragonato al sé, e viene percepito come tale. Così un altro livello di spazio emerge, che cancella o corregge l’immagine fisica, aiutandoci a comprenderla. Questo eliminerà da sé gli attaccamenti legati a questo livello di immagine. Emergerà la verità e cioè che io non sono l’immagine fisica. Perciò prima ci liberiamo dall’identità, la parte più superficiale dell’auto immagine, poi ci liberiamo dell’immagine fisica esterna.
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5. L’immagine fisica interna
Il livello successivo di identità è legato a ciò che chiamiamo l’immagine fisica interna, o l’identificazione indipendentemente dall’immagine; è l’attaccamento al corpo stesso. L’immagine fisica interna forma il nocciolo dell’identità a questo livello per via dell’identificazione con la sensazione propria del corpo, il sentircisi dentro. Forma il cuore di entrambe le immagini, psicologica e fisica, e siamo in contatto con essa per la maggior parte della nostra vita. Le sensazioni fisiche interne, come le sentiamo, caldo o freddo, durezza o morbidezza, piacere e dolore, la fluidità o la rigidezza, tensioni e rilassatezza, costituiscono parte integrante dell’identità.
L’identificazione con l’immagine fisica interna crea attaccamento al corpo in quanto tale, all’esistenza fisica. Devi comprendere che questa non è la tua identità. Ti stai inoltrando qui al di là dell’immagine; queste sono le tue percezioni interne. Questa identità è più intima.
Bisogna correggere il comune fraintendimento che per stare nel corpo o averne uno, bisogna rimanerci aggrappati. Ti renderai conto man mano che ti inoltri in questa esplorazione, che credi di doverti aggrappare al corpo per poterne avere uno. Credi di dover essere in tensione per poter sentire il corpo. Se dovessi rilassarti completamente, ti sentiresti di perderlo, di fluttuare, così ti ci aggrappi. L’aggrapparsi è la tensione e andando dentro tale attaccamento, verrai a contatto con il materiale che lo costituisce, che è infernale.
Bisogna arrivare a comprendere la relazione con il corpo, di come ci identifichiamo con esso e di come l’attaccamento sia l’origine di tale identificazione. Tu pensi di essere il corpo, perciò ti ci attacchi per puro istinto di sopravvivenza, così non sei mai rilassato.
Questo livello di identificazione riguarda tutti gli attaccamenti per i piaceri corporei, è l’attaccamento negativo ai dolori fisici. Esso include piacere sessuale, il piacere del contatto, del movimento, del riposo, dell’immobilità, tutta la gamma di attaccamento ai piaceri del corpo e alla loro mancanza. Perciò l’attaccamento al corpo allora non rappresenta solo attaccamento al corpo fisico, ma a quello che esso significa per te, tutti i piaceri, il confort e la sicurezza che tu pensi ti dia. Non c’è niente di sbagliato in queste cose; è l’attaccamento ad esse che crea l’incomprensione, che viene vissuta come frustrazione infernale. Non sto dicendo che non dovresti volere questi piaceri, non è questo il punto. Il punto è che l’attaccamento a queste cose genererà sofferenza.
Essere liberi da questo attaccamento significa essere liberi dall’attaccamento al piacere, da tutti i tipi di piaceri. È la perdita di attaccamento alla fisicità, al tuo corpo dall’interno. Qui non è una questione di immagine, ma di una sensazione diretta. Questa identificazione è molto intima, è qualcosa con cui hai convissuto per tutta la vita e che hai sempre considerato come te stesso.
Alla fine ti fa sentire confortevole. Quando riconosci questa identificazione per quella che è, anch’essa si dissolverà, perché è reale tanto quanto lo è l’identità che c’è sulla tua patente di guida.
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6. Lo spazio della morte
Questa realizzazione, conseguentemente, porta un nuovo livello di spazio, una nuova consapevolezza del vuoto, che chiamiamo lo spazio della morte. A questo punto una persona fa esperienza di quello che chiamiamo “morte”. È quello che accade quando una persona muore fisicamente, quando effettivamente si disconnette dal corpo. La morte è una profonda, oscura vacuità nera. Naturalmente questo spazio di morte può essere sperimentato in vita. Uno non deve morire fisicamente; tutto ciò che è richiesto è di lasciare andare l’attaccamento al corpo fisico, e lo spazio della morte sarà presente. Saprai cos’è la morte, saprai che non sei il corpo, e allora l’identificazione con il corpo sarà perduta. Conoscerai che cosa sia non essere connesso con il corpo.
Ad un certo livello di realizzazione, se rimani cosciente mentre stai morendo fisicamente, allora vedrai che non sei il tuo corpo, perché sarai ancora lì. C’è consapevolezza, ma il corpo è andato. Allora saprai che la morte è solo una transizione. Può accadere nella vita normale senza la morte fisica. Significa semplicemente la perdita di attaccamento all’identità con il corpo. Quando sai che la tua identità non è il corpo, allora un nuovo livello del vuoto emerge: la vacuità nera. Ogni livello di dissoluzione porta un’esperienza differente del vuoto, differenti gradi di spazio.
Quando l’attaccamento al corpo viene compreso, tutti gli attaccamenti cominciano a dissolversi; saprai che non sei tu. Saprai di esistere senza di esso. Il bisogno dell’attaccamento è andato. Allora non ci saranno più la paura e il desiderio che conduce all’attaccamento al quel corpo in particolare, a quel particolare livello di attaccamento. Quando l’attaccamento al corpo è compreso, e passi attraverso l’esperienza della morte, tu sai che non sei nessuna di queste cose, immagini e sensazioni, e vedi la vera identità dell’essenza, il vero Sé. Questa è morte e rinascita. Sei consapevole della tua vera identità.
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7. L’identità cosmica
Allora il successivo livello di vuoto ha bisogno di emergere, il livello della dissoluzione dell’identità. Dobbiamo vedere che l’attaccamento all’identità stessa è anch’essa frustrante e infernale. A questo punto cominci a vedere l’inferno più chiaramente, diventa più palpabile. Cominci a bruciare. Più sei attaccato all’identità, più sentirai il bruciore e la frustrazione. Allora la dissoluzione del sé, o la dissoluzione dell’identità, è ciò che chiamiamo estinzione, anniliazione, o la non esistenza, che è un nuovo livello del vuoto. Non solo il tuo corpo è andato, ma anche la tua identità, il tuo ego.
Dopo l’estinzione dell’ego c’è l’identità cosmica o coscienza cosmica. Adesso l’identità, l’ego, è andato, ma può esserci ancora attaccamento. Abbiamo dissolto la radice dell’attaccamento, la paura, e il desiderio, ma il processo dell’attaccamento stesso, la sua attività può permanere anche senza un centro. Puoi avere un attaccamento molto sottile all’identità cosmica. Non viene neanche percepito come attaccamento. Puoi avere l’esperienza di Dio, ma fino a quando vuoi solo quello, la preferenza permane, c’è ancora attaccamento. Adesso l’identità è vista come l’oceano cosmico, ma vi rimane una qualche identità, benché non sia personale. Al livello della personalità e dell’essenza non c’è identità, ma l’identità cosmica è ancora lì.
Adesso c’è bisogno di un ulteriore livello del vuoto per eliminare l’attaccamento finale, e quello che va fatto è di vedere e comprendere questo attaccamento alla meravigliosa esistenza cosmica, all’onnipotente, la nostra più vera natura. È la tua più vera natura, il tema dell’attaccamento non riguarda più se l’oggetto a cui aneli è buono o cattivo, ma il movimento dell’attaccamento stesso crea separazione e sofferenza. Rispetto a quello che è stato descritto ad ogni livello, qui niente deve essere fatto o può essere fatto, eccetto comprendere.
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8. L’assoluta Vacuità
La vera comprensione porterà spontaneamente a manifestarsi il successivo livello del vuoto, che è completa, assoluta vacuità. La questione dell’attaccamento non sorge, perché non c’è letteralmente nulla a cui attaccarsi, non c’è niente. Non ci sono immagini o immagini fisiche, non c’è corpo, personalità, essenza, Dio, esistenza, niente di niente.
È dura visualizzare cosa significhi; di fatto molte delle cose che dico sono difficili da immaginare. Il tema qui non è a cosa sei attaccato. Quello che è necessario è comprendere l’attitudine all’attaccamento stesso, al di là dell’oggetto, anche se non c’è nulla a cui attaccarsi. L’attaccamento può permanere al livello dell’esperienza cosmica come un rimasuglio della personalità, benché l’identità con la personalità non c’è più. La realtà esiste attraverso due opposti: esistenza e non-esistenza. La pienezza, che è l’amore e la completezza, e la completa vacuità o il nulla sono solo i due poli opposti della realtà. L’attaccamento ad una qualsiasi di esse è pur sempre attaccamento. Perciò l’attaccamento finale che deve essere risolto è l’attaccamento all’esistenza come alla non esistenza – Dio e niente.
Questa risoluzione porta il grande Vuoto, che elimina l’identità stessa – grande o piccola, vera o non vera. Non c’è identità, niente con cui essere identificati. Non c’è alcun oggetto, neanche un oggetto senza limiti. Questo grande Vuoto, o completa vacuità, è assolutamente necessario per realizzare la libertà, perché elimina l’attaccamento. Naturalmente con quella libertà, ogni cosa arriverà. Ogni cosa sarà liberata – la coscienza cosmica, la guida, la vera identità, l’essenza personale – tutti i vari aspetti essenziali saranno presenti, ma senza nessuno che ne faccia esperienza. Semplicemente sono.
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9. Il processo di chiedersi “Chi sono io?”
Per sommare, questo processo riguarda l’indagare la tua identità, a ogni livello di identificazione e il tuo attaccamento ad esso. Ecco perché una delle più potenti tecniche nella tradizione spirituale è di chiedersi, “Chi sono io?” e di continuare a chiederselo.
Ogni volta che dici “Questo sono io”, indaga e continua a chiederti “Chi sono io?” fino a quando non ci sarà nessuno a dirlo. Non è una questione di spingere o di fare qualcosa. Non c’è bisogno di fare proprio nulla; tutto ciò che è necessario è comprendere cosa c’è. Nel momento in cui vuoi fare qualcosa, la tua motivazione è l’attaccamento. La consapevolezza di cosa c’è esattamente, qualunque essa sia, senza volere o non volere, è alla fine il vuoto, la libertà finale.
di A.H.Almaas
tratto da “The Diamond Approach: an introduction to the teachings of A.H.Almaas”
di John Davis, ed. Shambala
traduzione di Asimo Caliò Roberto
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