“L’atlante delle nuvole”
La danza infinita dell’eterno cambiamento
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Dov’ero nel 2013 per essermi persa questo film? E così ho avuto il piacere di vederlo adesso, nel piccolo schermo. E’ sicuramente da rivedere, anche a distanza di tempo, in quanto fornisce molteplici input per il lavoro su di sé.
Cloud Atlas è un grande affresco su ciò che è la vita, sia quella della singola persona, sia quella dell’anima che vive dentro e aldilà di essa incarnazione dopo incarnazione, sia quella della Grande Anima che racchiude e comprende le vicende dei molti, che si intrecciano in un unico scenario, quello delle vicende terrene, il laboratorio dell’evoluzione.
La pellicola è uno scorcio multidimensionale su ciò che è manifesto, per accennare a ciò che non è manifesto, a ciò che rimane sullo sfondo, e che non può essere detto né rappresentato, perché semplicemente E’.
La durata del film in versione integrale è di 172 minuti, scanditi da un ritmo narrativo avvincente che non concede cadute di attenzione.
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Origini del film
Cloud Atlas è un libro, scritto nel 2004 da David Mitchell. La trasposizione cinematografica vede come registi le sorelle Wachowsky (già registi di Matrix) e Tom Tyckwer. Chi ha visto e apprezzato Matrix, ne rintraccerà alcuni topics: la rappresentazione lucida del meccanismo del sistema socio-economico attuale, che sfrutta l’essere umano fino al midollo e indottrina una moltitudine asservita di “uomini-macchina” da cui emergono alcuni “eletti”, le anime più evolute, in grado di vedere la verità e di essere di guida a molti, portando un cambiamento che non può essere fermato. Sia in Matrix1 che in Cloud Atlas l’azione si unisce all’introspezione, non risultando mai banale, come invece accade in Matrix 2 e 3, dove la fantascienza e la fanta- azione prendono il sopravvento e la sensazione di fondo è di perdere il contatto con la realtà, finendo fuori strada. La vera continuazione di Matrix 1 è Cloud Atlas: si riparte dai temi già presenti nel capolavoro del 1999, che qui assumono un nuovo spessore grazie all’ampio intreccio delle sei storie che si richiamano l’un l’altra continuamente, formando un’unica storia.
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Sei storie, una storia
Non amo il genere di film multi-storia, non mi sono mai piaciuti perché nella maggior parte di essi manca un centro unificatore. I film contengono specchi della vita, e i film multi-storia riflettono la condizione di chi vive frammentato; tale è l’esistenza degli uomini-macchina, che vegetano alla periferia di se stessi, e le cui situazioni e vicende sono sconnesse le une dalle altre, perché non è presente l’anima, sommersa com’è dai meccanismi della personalità.
Cloud Atlas è diverso. La classica unità di tempo-luogo-azione non viene mai meno e tutto il film è un inno all’Uno, all’interconnessione che è connaturata al multiverso in cui viviamo, ci muoviamo, muoriamo e rinasciamo.
Come l’interconnessione può solo esser sperimentata vivendo pienamente la propria vita, con totalità e apertura, così il filo che unisce le sei storie del film emerge via via e acquista il sapore di una rivelazione. E’ un grande puzzle che si completa man mano grazie alla presenza dell’osservatore, quella qualità che ci fa cogliere i collegamenti, grazie ai quali la consapevolezza cresce, evolve, si espande sempre più.
Davanti all’incalzare degli avvenimenti, nella vita di tutti i giorni siamo tentati di fermarci per voler capire e controllare con la mente, e quando così facciamo usciamo dal flusso della vita e ci disconnettiamo da noi stessi, senza approdare a nessuna comprensione vera.
E’ quanto si rischia di fare durante la visione del film; in certi momenti verrebbe da dire: “Fermo, stop, non ho capito cosa sta succedendo” oppure “Torniamo indietro”. Ma la vita va avanti, può solo andare avanti. La multidimensionalità non è casuale, è un’infinita energia intrinsecamente intelligente, in espansione esponenziale in tutte le direzioni. Richiede solo di stare nel suo flusso con disponibilità e attenzione. Allora la comprensione diventa possibile, accade da sé e va oltre le migliori aspettative.
L’invito è di vedere questo film con il cuore, lasciarsi coinvolgere e toccare profondamente, anche quando sembra che non ci si sta capendo niente. Per penetrarne la magia, fallisce qualunque tentativo estemporaneo di afferrare un elemento o una singola storia separandola dal tutto. E’ solo nello sguardo d’insieme, che abbraccia tutte le storie, che è possibile in seguito fare luce sui singoli particolari e comprendere che nessuno di essi è messo lì per caso.
“Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di essere superate; si può superare qualunque convenzione solo se prima si può concepire di poterlo fare. In momenti come questi, sento chiaramente battere il tuo cuore come sento il mio, e so che la separazione è un’illusione. La mia vita si estende ben oltre i limiti di me stesso.”
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Trama
Il film si apre con la cornice dell’anziano Zachry (Tom Hanks) che racconta ai nipotini la storiella della sera… Si aprono così via via sei diversi scenari, ambientati in altrettanti ambienti ed epoche differenti, che si sviluppano in un ordine che non è puramente cronologico, ma quantico. Ciò che accade di volta in volta in uno scenario va ad influenzare gli altri, sia quelli futuri che quelli passati. Il sapiente uso della tecnica cinematografica va a sottolineare con vari rimandi questo rapporto di causa-effetto-causa, così da dare l’impressione di un unico grande scenario.
Per la trama specifica delle sei storie, rinvio alla scheda del film su Wikipedia, dove c’è anche una tabella comparativa dei personaggi, utile per riconoscere chi è chi nelle diverse storie (il trucco infatti in molti casi ne rende difficile l’individuazione).
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Una selezione del film, da vedere subito su YouTube
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Personaggi
I personaggi principali sono 13, che ricorrono nelle sei storie in ruoli diversi e con sembianze diverse.
Siamo sempre stati qui. Vita dopo vita veniamo a continuare il percorso, lo viviamo interfacciandoci con le coordinate spazio-temporali e col contesto sociale e culturale, esercitando il libero arbitrio in modo imprevedibile. La morte è solo una porta, un passaggio. Andiamo e torniamo. Incontriamo e reincontriamo gli stessi compagni di viaggio, ci relazioniamo in base alle tendenze che, come anime, abbiamo via via maturato.
La vita terrena è un laboratorio evolutivo ricco di stimoli e di sfide. C’è l’opportunità di apprendere molto, di evolvere per lasciare il corpo fisico e poi tornare giù più liberi e con maggiori opportunità, o per non tornare più, una volta divenuti pienamente consapevoli di essere Uno, di essere sia il Tutto, che il Nulla.
Cloud Atlas è un caleidoscopio di tipologie umane, ancor più interessanti poiché non si tratta dei semplici tipi psicologici, ma di tipologie animiche.
Le anime più evolute sono contraddistinte da una voglia sulla pelle a forma di stella cometa. Si potrebbero definire “fiamme”, o anime elette, o anime antiche: sono quelle che quando si incarnano evolvono velocemente, essendo in grado di fare la differenza, per se stesse e per il mondo. Nel film ve ne sono 6, una per ogni storia. Sono i punti forti del tessuto dell’interconnessione. Vita dopo vita, si attraggono, si cercano, si aiutano. Le loro azioni non sono ripetitive o casuali, ma rispondono a quella Forza che anima il tutto e che li spinge così come sono.
Zachry (Tom Hanks) è l’archetipo dell’individuo in crescita spirituale; egli parte da una condizione rozza, come tale vive esperienze in cui dà sfogo alla sua avidità, o soggiace vittima di se stesso e delle sue paure, per poi vergognarsene. E’ proprio sfidando le paure, impersonificate dal suo superego (il vecchio Georgie, alias Hugo Weaving nello scenario della “Valle”), che ad un certo punto fa un salto di qualità ed emergono in lui il coraggio, la forza, la presenza, qualità che poi lo aprono ad accettare l’amore di Meronyma, una donna molto evoluta che lo coinvolge nella missione speciale di guidare l’umanità superstite in un nuovo pianeta.
Meronyma (Halle Berry) è l’archetipo della donna saggia, dai molti talenti, che mette a frutto nelle varie incarnazioni, con un’evoluzione costante. Così, inizia come moglie-amante, per poi fiorire nella giornalista investigativa che accetta di rischiare la vita pur di smascherare un eco-reato di cui è venuta a conoscenza. La troviamo infine nel ruolo di ambasciatrice dei Prescienti in missione speciale nella Valle, dove salva la vita alla nipote di Zachy, mostrando doti di curandera, ed infine scopre la chiave per raggiungere un nuovo pianeta, mettendo così in salvo il gruppo superstite. E’ anche l’archetipo della donna che sa riconoscere e scegliere l’uomo giusto per lei, tenendolo al suo fianco ed accettandolo così com’è.
Sonmi (Doona Bae) è l’archetipo della donna guerriera, che arriva al risveglio spirituale in seguito a prove molto dure. Nella prima storia, è la giovane donna che si ribella al padre e segue il marito verso una nuova vita per appoggiare la causa dell’abolizione della schiavitù. Nella storia centrale è la clone usata per un esperimento per un test sul libero arbitrio, in un contesto di totale asservimento alle spietate regole del sistema, che usa i cloni come carne da macello. Ne emerge in tutta la sua statura di eroina, una volta incontrato il ribelle capo del gruppo degli oppositori (già suo marito nella vita precedente). Ispirata dal cuore e dal sincero amore per la verità, emana il suo “Manifesto”, una sorta di testamento spirituale che contiene i capisaldi di chi siamo e qual è lo scopo della vita. Catturata, prima di essere giustiziata viene sottoposta a un interrogatorio in cui ribadisce, con calma e lucidità, ciò che aveva scoperto, affidandolo a coloro che restano e che già si stanno preparando per cambiare le cose. Verrà poi venerata come una dea nell’ultima storia, che non la vede più nel corpo, ma solo nell’immaginario dei posteri.
Adam Ewing (Jim Sturgess) è l’archetipo del ribelle, di colui che conosce le regole spietate della matrix (nella prima storia è un avvocato e nella storia centrale è un comandante) e proprio per questo prende posizione negando il proprio consenso. E’ anche l’uomo che, per le sue qualità interiori, merita al suo fianco una donna energeticamente importante, un’eroina, una paladina della verità. Il loro incontro è l’attrazione tra due fiamme gemelle, due anime evolute che, nella loro ultima incarnazione, si trovano per compiere l’ultimo passo, quello verso il nirvana.
Cavendish (Jim Broadbent) è l’archetipo dell’uomo comune, con le sue debolezze e con i suoi limiti, che pure, nel suo piccolo, è capace di ribellarsi, pronunciando la frase fatidica “Non sarò mai più soggetto a maltrattamenti criminosi”, che sarà di ispirazione ad altri per venir fuori dal ruolo di vittima. La sua evoluzione consiste nel lasciar andare le velleità di essere un personaggio famoso e costruito (sfruttando i talenti di altri) e nell’accettare che, in fondo, tutto ciò che voleva era fare la sua vita ordinaria in compagnia della donna che aveva sempre amato, portando avanti il suo talento di scrittore per quello che era e per le piccole gioie che poteva dargli.
Robert Frobisher (Ben Whishaw) è l’archetipo dell’umano che fa un passo evolutivo avanti e due indietro, come i gamberi. Dotato di talento nel campo musicale, non riesce a conciliarlo con la vita ordinaria né ad attingere al suo dono per evolvere. Infatti, muore suicida, e nelle vite successive riparte da ruoli meno importanti, da comparsa, muovendosi per tendenze, ma privo di quel talento importante che non aveva saputo gestire.
Il Maestro Apis (Keith David) richiama fortemente il maestro Morpheus in Matrix. E’ l’archetipo dell’anima antica, saggia, che ha imparato dalle esperienze, vita dopo vita. E’ colui che ti guarda dritto negli occhi e che vede chi sei e di cosa sei capace. E’ anche colui che aiuta nelle grandi imprese. E’ l’integerrimo, l’adamantino.
Rufus Sixmith (James D’Arcy) è l’archetipo dell’umano che evolve lentamente poiché non si mette in gioco in prima persona, ma manda avanti gli altri e, in fondo, non crede in se stesso, nella vita e nella possibilità di un’evoluzione comune. Ciò emerge nell’interrogatorio di Sonme, in cui lui ha il ruolo dell’archivista, ossia l’ufficiale incaricato di fare il “terzo grado” finale. In tale circostanza, dopo una lucida disamina della vicenda di Sonme, nell’ultima battuta emerge il suo lato umano. Lui chiede alla ragazza se non avesse mai pensato che il suo sacrificio fosse inutile, lei gli risponde che il suo messaggio e il suo esempio erano già ascoltati da un numero di persone, facendo così intendere che presto sarebbe scoppiata una rivoluzione. E lui, in silenzio, ha l’espressione facciale di chi è finalmente toccato da qualcosa. In quel momento, ha inizio il suo cammino evolutivo.
Sonmi: “Se io fossi rimasta invisibile, la verità sarebbe stata nascosta, non lo potevo permettere.
Archivista: “E se nessuno credesse a questa verità?”
Sonmi: “Qualcuno ci crede già.”
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Il colore bianco
E’ il colore della purezza, dell’innocenza, dell’assenza di karma. Nel film appare negli abiti di alcuni personaggi: lo vestono coloro che sono alla loro ultima incarnazione, coloro che sono giunti al massimo livello evolutivo, oltre il quale l’anima non ha più bisogno di incarnarsi in un corpo fisico per evolvere.
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il karma
Nel film non viene mai pronunciata la parola “karma”, eppure esso è uno dei temi di maggior rilievo.
Nulla di ciò che siamo, nulla di ciò che facciamo o pensiamo è privo di conseguenze. Ogni singolo elemento che riguarda la nostra vita e le nostre relazioni ha una ricaduta a raggio su tutto e su tutti. Siamo immersi in una rete interconnettiva quantica che moltiplica all’infinito la posizione che, momento per momento, in essa occupiamo. Facciamo la differenza, che lo vogliamo o no, che lo sappiamo o no. Tutto torna indietro. Ciò che risolviamo nel bene è destinato a generare altre soluzioni evolutive, sotto i nostri occhi di esseri umani o dopo che l’anima avrà lasciato il corpo. Ciò che non risolviamo si ripresenterà, per noi e per quelli connessi a noi da quel filo; i sospesi ritorneranno, e con essi torneremo noi, in nuovi corpi, per chiudere i cerchi, per imparare, per elevarci.
E che dire dell’influenza che il presente ha sul passato? Ogni volta che, trovandosi a un bivio, si sceglie secondo consapevolezza, si scioglie un karma perché si va oltre una tendenza inconscia, avente origini remote, che ci trascinerebbe verso il basso, verso la degradazione e la devastazione. Ciò ha effetti non solo sul presente e su quello che chiamiamo “futuro”, ma anche sul passato, il quale non ha un’esistenza propria, ma non è altro che una vibrazione energetica, una frequenza contenuta nel presente, in ogni presente.
Chi ha ancora dei dubbi sulla reincarnazione, sulle vite passate, sul karma, dopo aver visto “Cluod Atlas” avrà di che riflettere. E chi già sa e ha lavorato su di sé su questi temi, vi troverà conferme e spunti di approfondimento.
Archivista: “Nella tua rivelazione hai parlato delle conseguenze della vita di un individuo che si spandono per tutta l’eternità… Questo vuol dire che credi a una vita nell’aldilà? Nel Paradiso e nell’Inferno?”
Sonmi: “Io credo che la morte sia solo una porta. Quando essa si chiude, un’altra si apre. Se immaginassi un Paradiso io visualizzerei una porta che si apre e dietro di essa lo troverei lì, ad attendermi.”
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Scenario orwelliano, l’unanimità e la successiva caduta
“Cloud Atlas” è anche un film di attualità. La vicenda di Sonmi si svolge nel contesto di un sistema socioeconomico disumano, politicamente dominato da una dittatura tecnocratica mascherata da democrazia (la cosiddetta “unanimità”), che continuamente contraffà la verità, all’unico scopo del profitto di pochi, che rimangono dietro lo scenario, a decidere la vita e la morte di molti.
Come si intuisce dalla narrazione, il sistema crolla in seguito alla ribellione e ad altri fatti, tra i quali un’esplosione nucleare. Si apre così uno scenario post apocalittico, nel quale ognuno ancora una volta si sceglie il posto che riflette il suo grado di evoluzione, si sceglie la collocazione giusta per mettere alla prova se stesso e per fare i prossimi passi nel viaggio dell’anima. In un pianeta quasi spopolato, nell’insidia delle radiazioni, l’imbarbarimento e la lotta per la sopravvivenza non sono la condizione di tutti. Chi vi si trova in mezzo, come Zachry, è chiamato a cogliere tale opportunità per superare le proprie paure e porsi con coraggio e dignità. Vi è poi un gruppo di individui, chiamati Prescienti, altamente evoluti, che pur nel disastro generale hanno potuto preservare antiche conoscenze, unite ad un uso consapevole della tecnologia avanzatissima, che consentirà loro di ripristinare alcune comunicazioni, e di mettersi in salvo raggiungendo un altro pianeta.
“Devi fare tutto ciò che non puoi non fare”
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Il vero vero
“VERO VERO” è un termine ricorrente nel film, ad indicare la verità che non può essere nascosta, camuffata o contraffatta, nemmeno dal sistema di controllo più efficiente e solido dell’intera storia umana. Non solo. Il vero vero è nel cuore di ogni anima. Si può fingere di non vederlo, di non sentirlo. Ma per quanto? Anche continuando a protrarre la finzione entro se stessi, per comodo, è la realtà delle cose che ci rispecchia ciò che ci si ostina a non voler vedere, e che torna indietro inesorabilmente. Il vero vero è la vera verità, contrapposta alla “falsa verità”, ossia una menzogna che viene spacciata come una verità. Le vicende terrene sono molteplici e in continuo divenire. Un sistema arriva all’apice della sua espansione, fa credere vere delle cose che non lo sono, ma poi cade. E’ nella natura delle cose. La verità viene a galla, è in grado di galleggiare mentre tutto affonda.
Il vero vero rimane, accompagna l’essere umano nell’avventura evolutiva dell’anima verso la piena consapevolezza, verso il risveglio spirituale.
Archivista: “A nome del mio ministero e del futuro dell’Unanimità vorrei ringraziarti per questa intervista finale. Ricordati, non è un interrogatorio né un processo. La tua versione della verità è ciò che conta.”
Sonmi: “La verità è singolare. Le sue versioni sono non verità.”
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Bene, non ti resta che vedere (o rivedere) il film. Buona visione!
Ah, dimenticavo: anche la colonna sonora è un capolavoro.
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di Renata Rosa Dwija Ughini
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Bellissima ed esauriente recensione…
Ho visto il film sul piccolo schermo e male (iniziato, distrattamente e con interuzioni come, talvolta tipico dell’uso televisivo) comprendendo quindi poco o nulla dello stesso. Incuriosita dalla complessità della trama ho allora cercato lumi su Wikipedia e da lì a questa recensione….
Ora sono del tutto ” lluminata” ed estremamente grata a lei che l’ha scritta.
La ringrazio quindi moltissimo, invitandola a trasmettere ancora e così bene il suo nonché mio amore per il cinema.
Ps. Ovviamente mi impegno con lei a rivederlo al più presto ed in modo… degno!
Prego, e grazie a te! Cloud Atlas è uno dei più bei film di sempre. Prossimamente sarà disponibile sul nostro sito un ebook di recensioni di film di interesse evolutivo. Buona Luce.
Complimenti. Ho visto il film e intendo rivederlo alla luce della sua disamina.
Grazie