“L’ozio è il padre dei vizi”
recita un antico proverbio.
Infatti soggiornare pigramente nella zona confort
porta più facilmente a indulgere in atteggiamenti di comodo.
La corruzione della propria energia si ha quando non si vuol pagare alcun prezzo
e non ci si assume la responsabilità di se stessi e della propria vita.
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Che cos’è l’accidia
É sinonimo di indolenza, ignavia, apatia, torpore, pigrizia, svogliatezza, ozio, incuria, inettitudine.
Questo vizio capitale riguarda il fare e la buona volontà. L’accidioso non vuole, non vuole fare. Quando si tratta di fare, o trova delle scappatoie per non fare, o fa finta di far qualcosa per compiacere qualcun altro o perché non può non far niente del tutto. Per quanto faccia poco, a lui sembra sempre di fare troppo. Quando è costretto a fare, fa il minimo indispensabile, ne sente tutto il peso e vive l’attività con un senso di rifiuto.
Preferisce poltrire, perdere tempo, trascinarsi lentamente e lasciar scorrere la propria esistenza senza coinvolgersi in una azione che abbia senso per lui. Manca di motivazione. Non c’è niente che lo possa stimolare nel modo giusto, fornendogli uno scopo. Anche quando riconosce la bontà di una direzione, di una finalità, lo fa a parole, ma non è disposto a impegnarsi in tal senso.
In sostanza, l’accidioso è un fannullone. Non solo lavorativamente parlando, ma in senso lato. E’ uno che combina poco, è un inconcludente in ogni ambito. Non si dà una mossa. Si nasconde dietro a scuse inconsistenti per giustificarsi, e tende a incolpare gli altri per la propria inettitudine.
Se gli chiedete cosa ha fatto nella giornata, vi dirà che ha avuto mille cose da fare, che è stato impegnatissimo. Ma se gli fate qualche domanda più precisa su cosa ha fatto, noterete che le risposte sono quanto mai evasive.
Un’altra tipologia di accidioso è il lavativo, colui che fa ma senza coinvolgere la propria energia. Fa per mascherare la propria pigrizia e non farsi vedere ozioso. Fa per ragioni economiche e sociali, per stare al passo con le esigenze della famiglia. Fa perché deve, non perché vuole. Costui può apparire attivo, ma lo è solo superficialmente. Facendo, si illude di far qualcosa, ma dentro di sé regna una totale mancanza di senso: non ha uno scopo nella vita, non ha un senso di direzione, non ha una volontà propria.
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Origini dell’accidia
Come gli altri vizi capitali, anche l’accidia si instaura in tenera età.
La fase fusionale, nella quale il bimbo vive in fusione con la madre, non viene superata per problemi di vario tipo; in lui sono già presenti la ferita da rifiuto e la ferita d’abbandono. Di conseguenza egli cresce fisicamente, restando interiormente fissato a quel periodo. Sia da bambino che poi da adulto, cerca inconsciamente la madre e la ricrea grazie all’attaccamento alla zona confort, che non è altro che la mamma. Dentro di lui, il bambino interiore traumatizzato è impreparato al fare, essendo rimasto fermo alla fase di sviluppo che precede quella in cui il bambino è chiamato a fare, a impegnarsi, a prendere iniziativa (età scolare). Nella primissima infanzia, sono gli altri a fare per noi. Se non si supera serenamente quello stadio, inconsapevolmente si dà per scontato che esso perduri e non si hanno gli strumenti per andare oltre e affrontare le fasi successive.
Nella seconda infanzia, la maturazione delle abilità è ostacolata, il bambino appare svogliato, apatico. Non si sa come stimolarlo, rifiuta l’impegno ed è poco creativo nel gioco. Se a questo punto i genitori lo forzano con l’imposizione, o non sortiscono alcun risultato, o ottengono una sterile obbedienza, che andrà a rafforzare il superego del soggetto in questione, il quale imparerà così a fare per puro senso del dovere. In ambedue i casi, le ali della volontà sono tarpate.
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L’impedimento alla realizzazione spirituale
Come ogni vizio capitale è considerato un impedimento per la propria realizzazione spirituale.
Cerchiamo di indagare un po più in profondità rispetto a ciò che il senso comune si riferisce con questo termine.
Non vedo la pigrizia come qualcosa di sbagliato in assoluto; se decidiamo di essere consapevolmente pigri e ce lo possiamo permettere è persino un bene, un aspetto della nostra umanità che di tanto in tanto è salutare contattare.
Mentre se non ce lo possiamo permettere, se cioè veniamo meno alle nostre responsabiità e siamo apatici di fronte a ciò che la vita ci propone, stiamo venendo meno a noi stessi.
L’apatia è una mancanza di contatto con la propria energia e con i propri talenti e non vi è disponibilità a far emergere il potenziale nascosto .
Ci sono molti motivi affinchè si manifesti in un individuo: un aspetto è non essere cresciuti oltre la fusione materna; il corpo è quello di un adulto ma la sfera emotiva è relegata ancora ai primi anni di età.
Oppure si ha un vissuto di punizioni inflitte per errori compiuti, azioni che andavano contro l’ordinamento parentale, che produce come reazione, l’astensione dal fare.
Ma al di là del vissuto che ha generato la ferita, è interessante scoprire come questa strategia dell’ego si insinua a boicottare la vita di molti.
Ci sono persone che a prima vista appaiono molto attive, ma molti di loro usano solo certe attività per non occuparsi di qualcos’altro. Sostengono una serie di abitudini per non esplorare territori che potrebbero rivelarsi scomodi.
O per metterla in un altro modo: immaginate un uomo che vive in una casa con molte stanze; ma non soggiorna in tutte, solo in poche perché in alcune di esse ha lasciato delle cose da completare e siccome farlo gli costa un certo tipo di sforzo, le evita. Si comporta come se la sua casa fosse in affetti molto più piccola di quella che è.
Per esempio abitiamo in un corpo fisico che è per molti un’inesplorata dimensione della nostra esistenza. Ci sono persone che “pensano” di vivere nel corpo, così la loro esperienza dello stesso è mediata dalla mente. Esse perciò non sono in contatto con la loro realtà fisica, che non riguarda solo il corpo ma anche tutto ciò che le circonda.
La mente è la loro stanza preferita, dotata di vetri che consentono loro di vedere parzialmente anche al di fuori di essa. Ma non gli permette di toccare quello che vedono.
In più questi vetri sono spesso sporchi e non sono dritti perciò distorcono quello che traspare dando un’idea di quello che si intravede completamente distorta.
Per poter sperimentare direttamente la realtà dovrebbero uscire da quella stanza ed esplorare anche le altre. Ed è plausibile pensare che non essendo state abitate per molto tempo necessitino di pulizie. Ma se si è pigri si penserà che quel lavoro verrà fatto un giorno o l’altro, ma non ora.
Ci sono così tante altre cose da fare.
Ma questo fare come ho detto, è un girare in tondo per evitare di guardare in quelle direzioni che sappiamo, consciamente o inconsciamente, di avervi stipato tutto ciò che non abbiamo avuto la forza o il coraggio di affrontare.
È una pigrizia ben celata e nonostante quello che sto esponendo bisogna guardarsi dal giudicarsi per questo. Prenderne consapevolezza per cominciare è più che sufficiente.
Vivere nella propria zona confort è un’attitudine molto diffusa e se uno ci si trova bene ha tutto il diritto di continuare a farlo.
Ma se si anela a conoscersi, a espandere la propria percezione, a essere più a contatto con la vita, allora è necessario uscire dal cantuccio che ci siamo costruiti ed esplorare ogni aspetto di noi stessi. È un lavoro che richiede dedizione e pazienza; non può essere fatto di corsa perché per alcuni aspetti le cose sono più semplici mentre per altri meno. Dipende da dove ognuno si trova.
Quello che ho descritto è l’indolenza spirituale che si riflette anche nella dimensione fisica. Entrando nella casa di una persona un occhio attento può individuare quali sono le aree della sua vita che vengono trascurate. Per esempio cura prevalentemente alcuni aspetti e quelli di cui non si vuole occupare li tiene nello sgabuzzino o in cantina.
La disciplina Feng-shui serve a renderci consapevoli di tutto ciò che abbiamo accumulato e che non ci serve più. Liberarsene è un’azione evolutiva perché aleggerisce il campo energetico e permette di muoversi più agevolmente sia fisicamente che mentalmente.
Se facciamo lo stesso con la dimensione interiore significa che dobbiamo liberarci di tutto ciò che non ci serve: ansie, paure, risentimenti, rancori, tristezza, rabbia.
Quando il nostro spazio è pulito tutte le stanze si findono in una; ci ritroviamo all’aperto, sotto il cielo di una chiara consapevolezza.
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Di Renata Rosa Dwija ughini e Asimo Caliò Roberto
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